Il 2023 si chiude senza la risoluzione di un grande problema per la ristorazione: la mancanza di personale qualificato che diventa una sfida per il nuovo anno. In attesa di scoprire cosa ci riserva il futuro, abbiamo chiesto un parere ai trattori delle Premiate Trattorie Italiane.
Per Alberto Bettini della Trattoria da Amerigo la difficoltà nel reperimento di personale è un problema che la ristorazione ha da almeno dieci anni, anche se con il covid si è aggravato. Il trattore emiliano attribuisce la causa al modo di vivere delle nuove generazioni, più viziate dai finanziamenti familiari e meno disposte a fare sacrifici. “I ragazzi oggi hanno meno prospettive per il futuro, meno traguardi da raggiungere, sembra che siano interessati solo alle ore di lavoro, non sono motivati, né ambiziosi. Amerigo 1934 ha risolto questa situazione, che si spera essere transitoria, riducendo i servizi settimanali, facendo dei turni, assicurando due giorni liberi e lo stipendio pieno. Se hai la fortuna di avere del personale competente, lo devi fidelizzare, assecondandone le esigenze”, commenta Alberto.
Paolo Reina dell’Antica Trattoria del Gallo non è convinto che sia solo una mancanza di svogliatezza a demotivare le nuove generazione: “la mancanza di personale è un’ulteriore difficoltà che grava nella gestione di un’attività ristorativa. I motivi sono tanti: un ridotto tasso di natalità, l’importanza che le nuove generazioni danno al tempo libero e, di contro, le tante ore richieste dalla nostra professione. Il covid ha influito, ma non solo in termini di reddito di cittadinanza, quanto anche di riflessione su quanto sia essenziale avere del tempo per sé. Non mi concentrerei quindi solo sulla pigrizia, ma parlerei piuttosto di un cambiamento epocale. Le ambizioni e le aspettative non sono più quelle di una volta, per cui il disorientamento è comprensibile. Il cambiamento sarà grande e bisognerà capire se la nuova filosofia di vita lavorativa coinciderà con le esigenze della ristorazione. Meno ore di lavoro e più tempo significano più costi, se si vogliono offrire gli stessi servizi. Se aumentano i salari dei dipendenti, anche andare al ristorante dovrà essere più costoso, soprattutto per distinguersi dalla distribuzione di cibo pre-cotto offerto dalle grandi catene. Dobbiamo lavorare per far tornare sexy la nostra professione. Credo che le trattorie abbiano nel dna un intero patrimonio gastronomico e culturale: il cambiamento deve partire da noi”.
Angela Amico di Cibus crede che la situazione personale nella ristorazione sia peggiorata dopo il covid, ora si fa più fatica a trovare ragazzi volenterosi sia in cucina, sia in sala. “Negli ultimi quattro anni abbiamo assistito a un cambiamento repentino”, sottolinea la ristoratrice di Ceglie Messapica, “prima avevamo tanti ragazzi e ragazze che venivano da noi a chiedere lavoro, avevano voglia di imparare e di mettersi in gioco, ora non più. In cucina abbiamo risolto con dei ragazzi extracomunitari che si sono integrati benissimo. Hanno voglia di fare lavori che gli italiani rifiutano, hanno orari adeguati e buoni stipendi. Per la sala abbiamo avuto la fortuna di trovare dei giovani laureati che conoscono bene le lingue, a cui cerchiamo di venire incontro perché abbiamo paura di perderli. Sono ragazzi che danno l’anima e le condizioni le dettano loro. Chiudiamo un mese a novembre, 2 giorni a settimana durante tutto l’anno e in estate abbiamo ridotto i pranzi a tre servizi settimanali. Inoltre, per non stancare troppo il personale, io e mio marito cerchiamo di fare i lavori più duri”.
Dello stesso pensiero è Gennaro D’Ignazio, patron della trattoria Vecchia Marina. “È vero che oggi si fa fatica a trovare del personale, specie se qualificato. Ma è un problema recente: prima della pandemia avevamo almeno 10/15 curriculum da valutare, magari pochi per la sala perché la mediatizzazione della cucina ha montato delle favole attorno al nostro lavoro. Con la pandemia è successo un casino, ma io no credo che solo per il reddito di cittadinanza, soprattutto per la perdita del potere d’acquisto della moneta. Per assecondare il personale abbiamo deciso di allungare i giorni di riposo e da 11 servizi settimanali siamo passati a 8, mantenendo la stessa busta paga. Per noi è stato difficile perché ovviamente mancano degli incassi, ma per i ragazzi è meglio perché hanno più tempo libero”, spiega il trattore abruzzese.
Riuscirà il 2024 a porre fine a questa annosa questione che si è ulteriormente aggravata durante la pandemia?